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      - Io non ne conosco alcuno, replicò Don Diego con semplicità.
      Poi soggiunse, per correggere lo sbaglio:
      - D'altronde, io non ho giammai cospirato.
      - Davvero! sclamò Campobasso, voi mi fate pietà. Voi avete una natura generosa, senza fiele; io m'interesso a voi. Al vostro posto, io mi vendicherei; ma vi hanno di già sobbillato nel quartiere che io sono un tristo. Perciò rassegnatevi, rendete il bene pel male ed abbandonate Napoli avanti che spiri il termine fisso dal ministro.
      - Ma, signor commissario, poichè voi dite che le mie disgrazie vi toccano, non potreste voi suggerirmi un mezzo per far rivocare da Sua Eccellenza l'ordine che mi precipita in un abisso di disastri.
      - Io non ne conosco che uno: provare a Sua Eccellenza che le persone che vi hanno calunniato sono vostri nemici e che dessi vendono la vostra pelle per salvare la loro.
      - Ma io non li conosco codesti nemici, gridò Don Diego in tuono commiserevole.
      - Per Dio! non è poi difficile a comprendere, e' mi sembra. Il ministro ha scoverta la cospirazione di cui voi fate parte. Qualcuno dei vostri complici ne ha parlato caricando il delitto sugli altri. Ora, ei bisogna provare al ministro che voi siete innocente, tutto al più un accalappiato, e che gli altri sono i rimestatori.
      Don Diego udì il commissario attentamente, riflettè qualche secondo, indovinò infine la trappola e rispose con calma:
      - Io non conosco alcuno, non ho fatto giammai parte di alcuna società segreta. Vedo dunque che la mia sventura è senza rimedio e che debbo soccombere.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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