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      - Basta, gridò Bambina con alterezza, alzandosi. L'è noto: la sventura e la miseria sono criminose. Se questo disperato si strascina sulle mani e su i piedi per salvarsi dall'oltraggio dell'ingiustizia, egli ha torto: si sospettano le sue vedute, si crivellano le sue parole, si anatomizza la sua anima come un cadavere per osservarvi la causa della morte. Che bisognava fare? Egli si annega. Ha desso il diritto di trovar sporca la mano che si sporge per salvarlo, quando le mani bianche e guantate si ritirano per paura di sporcarsi toccando dei cenci? Povero fratello!
      E ruppe in lagrime. Il barone volle prenderle la mano. Ella la ritirò.
      - Io non voleva affliggervi, disse il barone dopo un istante di silenzio, ma rischiararvi e spiegarvi il mio riserbo e la mia esplosione poco misurata dell'altra sera. Non mi fate l'ingiustizia di credermi indifferente al vostro destino.
      - Il mio destino è nelle mani di Dio. E' non mi resta che lui. Un giorno io ebbi forse l'ingenuità di sognare che un altro se ne sarebbe incaricato. Ho abbandonato quel delirio. Noi lottiamo tutti per nostro proprio conto.
      - Se è un rimprovero che m'indirizzate, signorina, io temo forte ch'esso non sia ingiusto. Tra i sentimenti che noi proviamo, veri, profondi, santi, ed il soddisfacimento che possiamo dar loro, si frappone il mondo con le sue esigenze, le sue regole e le sue convenienze. Tiberio esiste sempre, ma egli è subordinato al barone di Sanza ed alla società che lo attornia. Ve lo confesso in tutta sincerità: io non ho trovato sul mio cammino della vita alcuna giovinetta più bella, più pura di voi.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





Bambina Dio Sanza