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      Nessuna delle fanciulle che ho strette sul mio cuore al ballo, a cui ho indirizzato una parola in società, non m'ha tocco più di voi. Io non amerò forse giammai una donna, poichè non ne incontro alcuna che vi rassomigli. Ma io sarò forse obbligato di rinunziare alla felicità che ha incantati tanti giorni della mia vita.
      - Voi mi renderete giustizia, almeno, sclamò Bambina, che io non ho nulla fatto nè per darvi nè per togliervi codesta felicità.
      - Io vi rendo questa giustizia. Voi non siete nè civetta nè ambiziosa. La fantasia può esaltarvi; ma voi ignorate il calcolo. Voi non avete dunque nulla a rimproverarvi, e voi non mi rimprovererete nulla, voglio lusingarmi con questa speranza, quando saprete la situazione precaria in cui vivo, in cui parecchi fra noi vivono. Io sono impegnato in una mischia terribile, nella quale giuoco tutto, fortuna, avvenire, vita e felicità. Io non mi appartengo più. Che io esiti solamente e sono disonorato. Qualunque distrazione è un tradimento. Posso io, di' Bambina, Bambina dei giorni raggianti della nostra infanzia, posso io caricarmi dei destini di una donna, nel cratere di questo vulcano? Io non aggiungo altro. Ho forse il torto di averne già troppo detto. Ciò che succederà all'indomani del trionfo o all'indomani della dirotta, Dio solo lo sa. Ma dirotta o trionfo che la sorte ci appresti, un abisso ci separa. Tu non puoi essere nè la moglie di un forzato, nè quella d'un ambasciatore.
      - Perchè no, la moglie di un forzato? replicò Bambina.
      - Perchè ti offrirebbero la vita, la libertà dì tuo marito in cambio del tuo onore, e che tu l'ameresti troppo per non trovarne il cambio esorbitante.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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