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      Infatti non era forse egli fortunato di possedere in casa quell'angelo di candore che, col semplice buon senso e la rassegnazione, gl'imponeva la virtù e riaccendeva il suo coraggio? Don Diego fece l'elemosina ed accelerò il passo.
      La notte era caduta. Arrivato alla sua porta, suonò. Poi, come si tardava a venire ad aprirgli, cavò di tasca la sua chiave particolare ed aprì. Non lume. Chiamò Bambina. Non risposta. - Ella è uscita per qualche spesuccia, si disse Don Diego; ed accese la candela. Entrando nel salone, gli sguardi caddero sulla lettera di Bambina. E' la sentì, prima di averne vista la scrittura. Egli l'aveva letta, prima di averne rotto il suggello. Esitò a prenderla. La guardò lungamente prima di toccarla, di leggerla. E' girò lo sguardo stupefatto intorno alla camera, cercando negli sfondi delle ombre qualche cosa che si muovesse; tese l'orecchio, bramando uno strepito che lo rianimasse. Quando ebbe letto, il foglio gli cadde dalle mani. Si lasciò cascare su una sedia e la fronte battè al marmo della tavola.
      Il cervello, accasciato da pria sotto l'invadimento di un mondo di memorie e di pensieri in insurrezione, rimase insensibile: quell'intensità di luce senza rifrazione creava l'opaco. La sua energia vitale si arrestò di un tratto. Si sentì orrendamente stanco: non avrebbe potuto nè camminare, nè vedere, nè parlare. La sua respirazione si rallentò. Questo stato di annichilimento durò un quarto d'ora. Poi, un riflusso vulcanico di sangue precipitò la febbre e, con la febbre, la coscienza vertiginosa della situazione.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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