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      - Poffar dio! poichè mi si dà un così buon pranzo per nulla e mi s'invita con tanta gentilezza, perchè non accetterei io l'invito di padre Gaetano?
      Ed andò al convento.
      Appena che fra Gaetano lo scorse, gli fece segno di aspettare e sollecitò a dispensar la brodaglia. Poi, quando Gabriele fu restato l'ultimo, fra Gaetano cavò fuori di sotto la tunica un bel pezzo di pane bianco ed un groppone di cappone non male in carne, e l'offerse all'avidità del garzoncello, carezzandogli paternamente la testa. Poi gli disse:
      - A domani, piccolo.
      Allettato in questa guisa, accolto di così buona grazia, attirato con tanta premura, carezzato, festeggiato, Gabriele ritornò il terzo dì. Fra Gaetano gli sorrise. Quando tutti furono partiti, anche i due monaconzoli, fra Gaetano mise avanti gli occhi del figliuolo un piccione arrostito ed un pane bianco come l'ostia.
      Gabriele entrò nel convento.
      Scorse un minuto, e in un baleno lo si vide uscire, gittare ciò che il frate gli aveva regalato e salvarsi a gambe.
      Gabriele non mendicò più.
      E' si accomodò di un altro mestiere.
      Eravi a quell'epoca, in una piccola casa accosto al teatro di san Carlino, un uomo conosciutissimo chiamato llu si' Michele(22). Questi era intraprenditore di ladrerie, brevettato dalla polizia, - sì, brevettato dalla polizia, pagando patente!
      Un prefetto della polizia di molto buon senso si era detto:
      - Il furto è il sistema normale del governo napolitano. Eccetto il re che non ruba, - regnava allora Francesco I cui non bisogna confondere con Ferdinando II, - tutti gli altri rubano.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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