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      Questi magnificavano la scienza cabalistica del frate.
      Gabriele andò a trovare fra Giuseppe.
      - Padre mio, diss'egli, io sono al colmo della disperazione. Se voi non mi venite in aiuto, io commetterò un malanno.
      - Da bravo! susurrò fra Giuseppe, essi sono tutti in quello stato lì quando vengono qui. Vediamo; cosa hai?
      - Ebbene, padre mio, ho bisogno di dodici mila ducati, al manco; e voi me li farete trovare.
      - Saresti tu matto senz'altro, figliuolo? Come vuoi tu che io ti dia questa piccola bagatella, eh?
      - E S. Pasquale? ma io non sono degno di un miracolo. Datemi tre buoni numeri al lotto e i denari per giuocarli.
      - Peste santa! come ci va!
      - Mi bisognano ad ogni costo.
      - Vediamo, figliuolo, ragioniamo. I tre numeri... ciò si puote ancora. Pregherò S. Pasquale d'ispirarmi, e forse, se tu sei bene in istato di grazia, il buon santo non ci rifiuterà questo piccolo servigio. Ma il denaro? Hai tu obbliato che noi siamo mendicanti? Si trattasse, magari! di un pezzo di pane....
      - Ma a chi volete voi che m'indirizzi allora per aver dieci piastre e giuocare i vostri numeri? Io non ho un tornese. Non si vorrebbe prestarmi questa somma sulla mia parola, nè sulle mie promesse. Vendendo quanto posseggo, non metto insieme dieci grana. I miei(26) amici sono più miserabili di me... Bisogna dunque ch'io rubi? bisogna dunque ch'io uccida? Vi domando quella piccola somma a mutuo...
      - Ascoltami, figliuolo: io non ho tempo da perdere. È mestieri che io vada in chiesa a cantar vespero. Ma uscendo tu incontrerai una donna che ride e forse un asino che raglia.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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