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      - Vostro fratello aveva ragione.
      - La mia coscienza non ha corso in questo affare. La vostra ha un prezzo inestimabile. Non voglio dell'oro vostro per comperare quei miserabili. Ciò che vi domando, ciò che vi abbandono, non si tariffano a ducati. Se io toccassi un valore materiale qualunque, mi disprezzerei, mi ucciderei.... giammai voi non tocchereste la punta di un mio dito. L'onore vuole l'anima: esse si valgono. Io vi dimando la vostra anima.
      - Ma che posso io fare insomma?
      - Avete voi un secreto di Stato a rivelarmi? - uno di quei secreti, il cui silenzio o la cui rivelazione possono valere a mio fratello la libertà da prima, poi la promessa d'un vescovato?
      - Ma voi dimandate più che la mia anima, figliuola mia, voi dimandate la mia vita.
      - E voi dunque? Come? voi avete potuto pensare un solo istante che dandomi a voi come il salario di un servigio reso, che uscendo dalle vostre braccia affranta, vituperata, degradata, annientata, io vivrei, io avrei potuto vivere un sol giorno, un'ora sola? Eh! disingannatevi, signore. Il vostro ultimo bacio porterebbe via seco l'ultimo soffio della mia vita.
      - Io non potrò dunque sperare giammai d'essere amato da voi?
      - Io ho amato, io amo forse ancora un altr'uomo, il quale mi ha rigettata lungi da lui come un'onta, non più tardi che ieri. E' non sarà dunque giammai a me, lo volesse egli un giorno, me ne supplicasse col viso nel fango. Se voi vi foste presentato a me, senza quell'orrida spoglia di monaco, da uomo, da marito, forse il vostro amore mi avrebbe toccato; perchè il vostro accento disperato m'ha commossa.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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