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      Egli vedeva delle corde pendere da anelli confitti alla vôlta, delle catene ribadite alle mura, dei cavalletti, dei fasci di verghe, degli arganelli di cui doveva apprendere l'uso, una specie di letto da campo, tutto un arsenale di ferraglia, di fornelli. E' credette un istante che, sendosi addormentato nel XIX secolo, si risvegliasse in una sala di giustizia del medio evo. La sua vista si turbò. Sembrogli un momento che la sua ragione vacillasse.
      Per fortuna, sospettando perchè lo avessero arrestato, egli erasi tracciato un piano di condotta dall'ora prima in cui era stato messo dentro, ed egli aveva per così dire solidificato le risposte invariabili che avesse a dare. Senza questa precauzione, egli avrebbe forse divagato e la polizia avrebbe abusato della sua indeterminazione.
      Per condurlo innanzi al suo giudice, gli avevano messe le manette, e le avevano siffattamente chiuse che le mani sembravano nere. Una mezza dozzina di birri, dai visi atroci, lo circondavano. Un cancelliere temperava la sua penna per scrivere. Il giorno che filtrava in quell'immenso antro da due alte finestre asserragliate, era magro e sucido; lo si sarebbe detto una nebbia a mezzo congelata.
      L'aspetto del signor Gravelli era tetro, quasi triste, ma non feroce. Egli contemplava le sue mani ornate di gioielli, anzi che il prigioniero. Era pietà, disgusto desiderio di non atterrirlo? Aveva egli comprese le intenzioni del ministro, ovvero il marchese di Sora aveva formulato degli ordini? Nol so. Il fatto è che il signor Gravelli compiè la sua missione formidabile senza brutalità.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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