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      Poi le sue pupille, sempre enormemente dilatate, quasi avesse preso della belladonna, si contrassero, si restrinsero, si animarono, s'infiammarono per gradi. L'iride scintillò e dardeggiò l'odio. Don Diego riconobbe il satana, che aveva il primo contaminato sua sorella col pensiero ed aveva ordito progetti infami su di lei. Un rossore subito salì al suo viso. Le labbra scialbe fremettero e si colorarono.
      Don Domenico comprese la reazione ch'egli provocava in quell'anima assiderata, e fu sinceramente contento del disgelo che si operava. Per determinarne la rottura completa, e' si tacque e squadrò il vescovo. Infatti questi principiò dal dimenarsi sulla sua sedia con impazienza, poi si alzò come di soprassalto e gridò:
      - Che cosa venite voi a fare qui, signore?
      Il sortilegio era rotto. Don Domenico s'inclinò dunque con rispetto e s'affrettò a rispondere:
      - Vengo a pregare V. E. Rev. dalla parte di S. E. il ministro del culto di presentarsi domani al Palazzo Reale, il re desiderando intrattenersi con lei. S. M. fissa la vostra udienza alle nove del mattino. Uscendo dal colloquio del re, se V. E. Rev. volesse venir pure a parlare col ministro, questi ne sarebbe lietissimo.
      Don Diego era divenuto il vescovo.
      Il vescovo ecclissò ed annullò con un colpo magico il fratello.
      E' si riassise lentamente e rispose:
      - Andrò.
      Fece poscia un saluto freddissimo all'impiegato e lo congedò con un gesto. Don Domenico non rispose che fra sè stesso e col pensiero:
      - Ecco un mariuolo finito che ci ha tutti burlati e battuti!


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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