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      Il terrore dei principi crebbe; crebbe nel popolo la speranza e l'ardire: Pio IX per se stesso aveva fatte assai povere cose: però le sue riforme furono magnificate, affinché le lodi servissero d'insegnamento che il vecchio sistema doveva cadere, il mondo ritorcere cammino. Gli applausi prodigati a Pio IX furono il programma della rivoluzione novella, un principio, un simbolo, la sfida quasi che i popoli gittavano ai sovrani. Le riforme di Pio IX non mistificarono alcuno. Il popolo sapeva bene che il pontefice non è più il tribuno del popolo, ma il tribuno dei re; prevedevano che un dì non lontano avrebbe fatta ammenda onorevole delle sue velleità riformatrici e di quel leggiero capriccio di ammutinamento contro la rutina ed il vecchio bagaglio di Stato. Non pertanto Pio IX servì di parola d'ordine alla cospirazione. Essa si arrollò sotto uno stendardo a cui il tempo aveva dato una specie di consacrazione tradizionale, e prosperò, e si propagò con la rapidità della luce. Tutta Italia sentì il vigore del nuovo battesimo. Ma dove il cuore palpitò più forte, dove le fibre si misero in orgasmo più vivo, fu in Napoli; per la ragione appunto che quivi la tirannia era più fitta, che quivi il nome del papa era esoso al governo, e qualunque simpatia per lui fulminata di carcere. Al lavoro lento ed incessante delle idee si unì questo eccelso impulso. Allora non si camminò più, si corse, si volò; non si cospirò più, si protestò. Il marchese Delcarretto si accorse del fermento e lasciò fare.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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