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      Il paese in una parola, in tutte le sue regioni, si sentiva trascinare nel buio, si sentiva dissolvere. Quelle manovre senza senso del Comitato, di niente altro feconde che di nuovi arresti e di maggiore scoraggiamento e terrore, quelle commedie senza significazione completavano l'oscillazione, complicavano l'oscurità generale. Delcarretto esso stesso cominciava a perder la bussola e si domandava se egli non soggiacesse ad una mistificazione ridicola. Egli aveva perduto ogni prestigio: scopo dell'esecrazione del popolo, era ornai in sospetto ed in uggia anche al governo. La sua abilità, la sua forza erano un problema per tutti. Il popolo aveva veduto che la polizia, accozzaglia di codardi e di abbietti, potevasi facilmente calpestare: il re avea scoperto che, per diciotto anni, lo avevano ingannato sul suo potere, e sulla fede e la venerazione che il popolo portavagli, sulla presunzione della polizia di tutto sapere, e l'attitudine di tutto spegnere in un atto di volere e di collera. Delcarretto cominciava a dubitare di sé, e qualche sospetto gli nasceva sulla probabilità di riuscire nella parte, che in un bel sogno aveva determinato rappresentare. Metteva perciò della lentezza in ogni ordine, sconfidava, ed addoppiava di brutalità a misura che perdeva il potere per farsi credere forte sempre ed inviolato. Vani colpi di attitudine teatrale! il suo tempo era passato. I disinganni si succedevano.
     
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      15. All'arcana origine ed all'arcana idea della galoppata dei popolani si accoppiarono le novelle che Carducci aveva innalzata la bandiera tricolore nelle montagne del Cilento.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





Comitato Carducci Cilento