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      Questo giovane eccellente, il cui orribile assassinio è stato tanto da noi deplorato, aveva poco ingegno, ma cuore smisurato. La difficoltà dei mezzi non entrava nei suoi calcoli: vedeva lo scopo e vi andava dritto attraverso tutto. Costabile Carducci fu il solo che osò sollevare il grido della rivoluzione nelle provincie del regno sul cominciare del 1848. Principiò nelle montagne del Cilento con una mano di quindici uomini scalzi e disarmati. Al primo segnale le turbe accorsero. Il grido di libertà non si fa udire giammai vanamente fra quella gente. Essa è brava, determinata, forte in faccia ai pericoli ed in faccia ai mali, la fame non esclusa. Pochi di quegli abitanti conoscono il sapore del pane di frumento, e quando vuolsi dire nel paese che qualcuno è in sul varco della morte, si dice: è giunto a mangiar pane di grano! Essi non fanno uso del vino che nelle grandi solennità, il Natale, la Pasqua, l'ultimo dì di carnovale. La loro sobrietà è estrema come la loro miseria; la rassegnazione senza esempio nella storia delle sventure umane. Vi ha di quelli che non conoscon nemmeno il valore delle monete. Taciturni, burberi, fieri, odiano per istinto qualunque potere. La loro obbedienza è una protesta: la loro sottomissione una sfida. Fattasi una guardia del corpo di questi Cimbri, il Carducci cominciò a percorrere il contado. Gli attestati della simpatia la più viva lo accoglievano da per tutto: i suoi voleri erano ordini. Il clero, obbligato dal popolo, gli andava incontro con la croce; il suono delle campane lo festeggiava.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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