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      Questo ribaldo che tanta parte aveva rappresentata nelle sventure di quel disgraziato paese, spaventato si nascose e poscia si salvò a Castellamare. Ma indi a poco, scovertasi la sua tana, perseguitato dalla paura, inviso ai liberali ed al Borbone, dopo aver pagate grosse somme al direttore della polizia, che andandogli a significare di allontanarsi dal regno, ebbe interesse di atterrirlo di strana maniera, dopo avere consegnate le lettere scrittegli dal suo santo penitente, e che dal direttore Tofano erano poi a costui vendute, travestito, rinnegando il suo nome, partì per Malta nel mezzo della notte. Più tardi egli ancora ritornava. Egli ancora, come il Santangelo, il Ferri ed altri ladroni famosi, veniva con insigne cinismo a mangiarsi le sostanze del povero sfrontatamente rubate, e veniva a sberteggiare su i cancelli delle prigioni coloro, lo sdegno dei quali aveva dovuto fuggire. E re Ferdinando li perdonava tutti perché in faccia a lui essi non erano colpevoli, perché egli stesso aveva bisogno di perdono da coloro che tutta la sua nefanda storia conoscevano, perché aveva bisogno di soffocare in essi una voce che poteva rimbombare per tutta Europa.
     
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      17. Il giorno 28 gennaio fu un giorno di ansietà indicibile per tutti i partiti e per l'intera città. È vero che una commissione recatasi dal re era stata ben ricevuta, e ne aveva raccolte parole graziose e promesse. Ma, chi non conosce come i re osservino la fede data, e sopra tutto i Borboni? Alla Borsa il Piccolelli, venendo dalla reggia, aveva fatti correre rumori vaghi di cangiamento di ministero, di amnistia, e di costituzione, cui sembrava dar consistenza la novella oramai pubblica del bando del Delcarretto e di Cocle.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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