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      Bisognava galvanizzare un'aristocrazia morta sotto i colpi della rivoluzione francese, atterrirla se così facea d'uopo col fantasma del comunismo, allettarla di nuovi privilegi, per dividere in due interessi opposti la nazione. Bisognava mettere una barriera tra il cittadino e il soldato: e sopra tutto temporeggiare, per ispossare l'energia e l'entusiasmo degli spiriti. - In effetti per non parlar che di Napoli, undici giorni trascorsero prima che si sapessero gli articoli della convenzione tra il popolo e il principe. Undici giorni di anarchia, i quali se raffreddarono la foga della vittoria, e ci resero più inchinevoli a contentarci, ci provarono per lo meno l'inutilità se non il danno del governo. E pure in una città padrona di sé, libera, in preda al delirio, senza polizia, senza tribunali, senza soldati, senza legge di sorta, non il più piccolo accidente funestò la pubblica gioia.
     
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      19. Al 10 febbraio comparve infine lo statuto. Bozzelli era stato creato ministro: e, come colui che godeva di maggior fama di pubblicista, a lui si era affidata la compilazione del patto famoso. La vita di costui era stata una lunga mascherata. Tartufo letterario, tartufo politico, in fondo a tutte le sue idee, in fondo a tutte le sue azioni non trovavasi che una convinzione vera, oro e potere. Gli era d'uopo arrivare onde appagare queste due fatalità della sua esistenza, e non importa per qual via. Aveva tardato anche troppo. Quando si trovò faccia a faccia col re, egli che il giorno prima, vedendo il prospero aspetto che le cose assumevano, aveva parlato financo del pugnale di Bruto, s'intenerì, e come Filippo Argenti di Dante non seppe dire altro che vedi! io son un che piango.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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