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      Lord Minto s'interpose: e dopo lungo discutere, dopo uno o due viaggi in Sicilia, dopo caloroso perorare presso il re, furono consenzienti: un parlamento separato, un ministero ed un Consiglio di Stato distinti, i pubblici uffici ed i beneficii ecclesiastici ai siciliani esclusivamente, e viceré o un principe reale o un cittadino dell'isola stessa. Lord Minto apportò in Sicilia quest'ultimatum. Ma i suoi consigli al siculo parlamento furono essi sinceri? Noi lo crediamo, benché disoneste dicerie fossero messe in voga ed accreditate dal governo napolitano, quando l'Inghilterra prese la parola per quel popolo oppresso e ne riconobbe l'indipendenza di fatto. Lord Minto però ritornò di Palermo e riferì che due questioni restavano ancora ad appianare: la composizione del parlamento misto per gl'interessi comuni, e l'organizzazione dell'armata. Sulla prima difficoltà non fu difficile la conciliazione: sulla seconda ogni buona volontà si ribellò, e nessuno volle consentire che in Sicilia non vi fosse che un'armata sicula, senza che il re potesse spedirvi mai soldati napolitani. Nuove complicazioni successero ed il ministero cadde, eccetto Bozzelli, perché costui aveva stabilito consumare intero l'adulterio della Costituzione.
      La condotta dei siciliani aveva in Napoli disgustati tutti, ed i radicali più degli altri. Non perché non si riconoscevano validi i loro diritti, giuste le loro dimande; ma perché essi mostravano non aver compreso il senso della rivoluzione del secolo, perché ne falsavano e ne sviavano il cammino.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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