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      Gente affamata ed avida d'impieghi barricava incessante le porte del ministero. Non vi era maniera di sbarazzarsi di loro: bisognava assolutamente ascoltarli, bisognava assolutamente soddisfarli; e se si osava resistere, le pistole ed i pugnali corroboravano gli argomenti dei postulanti, come avvenne un giorno al ministro delle finanze Ferretti. L'avanzo di tempo quindi che il re lasciava loro, era divorato da quegl'insani cui il consiglio aulico metteva in movimento e dirigeva contro, come la bocca di una pompa idraulica sull'incendio. Le bisogne più urgenti dello Stato quindi erano postergate: lo scoraggiamento inaridiva i ministri, i quali, pel desiderio di voler essere popolari, addiventavano plebei. La guardia nazionale fu chiamata in loro sussidio; ma a che pro? Le avide passioni della parte corrottissima del popolo erano eccitate dalla reazione sotterranea. Essa inviava gli speculatori d'impieghi al re: e questi, lamentevolmente sclamando lui non valere più nulla, nulla potere più fare per esaudirli come il suo cuore desiderava, gli scatenava sull'impossente ministero e lo agghiadava. Eppure in questi attacchi di perfidie i nobili uomini non soccombettero. Nell'abbacinamento del momento, nel buio delle cagioni che rallentavano la progressione della rivoluzione, l'abilità di quel ministero fu calunniata: ma quindi a poco ragione intera gli fu resa e nome di patriottico ed italianissimo ne riportò. Ah! perché vollero essi transigere con la reazione e tentare una riconciliazione impossibile!


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





Ferretti Stato