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      - Non un torbido, non una parola amara agitò i comizii. Tranquilli, lieti, dignitosi ritornarono tutti ai loro focolari, e sperarono. La vita aveva acquistato nella nazione qualche cosa di elevato: il carattere aveva assunto qualche cosa di solenne. Il reato era sparito. La guardia nazionale si era organizzata: e non ostante che il governo avesse rifiutate le armi, asserendo mancarne, mentre gli arsenali ne erano ingombri; pure, provvedutasene alla meglio, con alacrità se ne esercitavano le funzioni. In una parola, un avvenire grandioso sembrava sorridere a quel popolo, quando un uragano impreveduto levossi nell'atmosfera; ma quell'uragano levavasi nell'atmosfera per renderla poscia più limpida. Vi era d'uopo di quel gran colpo per dissipare le ultime illusioni, convertire gli spiriti più temperati. La sventura sviluppa la dignità e l'energia delle nazioni come degli individui. Noi arriviamo al terribile dramma del 15 maggio.
     
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      27. Per trovare la parola dell'enigma di questo colpo di Stato, bisogna esaminare profondamente la situazione di casa Borbone nel paese e nel resto d'Italia. La rivoluzione italiana che era principiata, diciam così, senza idea preconcetta e senza scopo determinato, barcollando tra velleità e nullità, cominciava adesso a formularsi chiara, intera, grandiosa. Il suo primo impulso era stato la conquista della libertà, e possiamo quasi dire della civiltà e della maggioranza. Ma questi diritti, facilmente usurpabili e sterili, non potevan bastare ad una nazione il cui spirito civile e positivo è informato da un istinto eterno di bello e di vero.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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