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      Al cadere del giorno quei gruppi stessi, più ebbri e più sfrenati ancora, andavan cantando, ed imponevano minacciosi ai cittadini d'illuminare le finestre. Qualcuno cesse alla paura ed obbedì: ma i più sfidarono il pericolo, e non lordarono il pubblico dolore con la manifestazione di un gaudio, che da ogni anima onesta e pietosa era lontano. Il re la mattina aveva percorso a cavallo i quartieri del popolo, in mezzo dei suoi soldati, come un trionfatore che va al Campidoglio, ed aveva dispensati doni, sorrisi, e strette di mano. La sera non ebbe il pudore d'impedire che la sua magione fosse illuminata. I deputati potettero in parte uscire dalla città e ritornare in provincia: parte, uniti ad un gran numero di cittadini, cercarono asilo su i vascelli francesi, e l'ebbero. L'ammiraglio Baudin che non aveva voluto arrestare il delitto, ed aveva anzi contenuto il fremito dell'equipaggio, il quale ardeva difendere i compatriotti ed i democratici napolitani, l'ammiraglio Baudin sentì i danni ed il dolore dei vinti e cercò alleviarli. Lo stesso Levraud che in sua casa aveva ricoverati molti liberali, si studiò del pari a salvarli e gli accompagnò di persona alle navi. Dopo di che parte di coloro erano condotti a Malta ed altri a Civitavecchia. Levraud intanto accusato contemporaneamente da Baudin e dal re di Napoli, denunziato per mezzo di Winspeare di aver favorita la rivoluzione, fu dal ministro Bastide vigliaccamente abbandonato, sì che il Levraud presentò la sua dimissione e si ritirò, lasciando carissima memoria di sé alle famiglie di coloro che aveva salvi, ai francesi che trovavansi in Napoli ed a tutti quelli che sentono amor di patria e di libertà.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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