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      S'inalberava uno stendardo di sollevazione, ma questo stendardo non aveva colore alcuno, non additava alcun principio. Tanto lusso di sciocchezze disgustò parecchi dei delegati i quali altamente protestarono: ma le loro proteste furono impotenti. Il d'Errico, cui tra le altre cose per mezzo di un Ferrara, era stato promesso dal Bozzelli la carica di consigliere di Stato, il d'Errico concertava la rivoluzione coll'intendente della provincia e col capitano della gendarmeria. Il governo, veduto l'incendio e imminente ed inevitabile, volle dare almeno la direzione del movimento ad uomini da lui provati per lunga esperienza; e la sollevazione non ebbe più per iscopo di rovesciare un potere improbo ed infedele, ma di far manifestare i generosi che lo combattevano. Giovanni Cozzoli da Molfetta, che nobilmente e coscienziosamente agiva, con i prodotti del contrabando aveva fatti armamenti imponenti. Fucili in grandissima copia, cannoni, munizioni, provvigioni d'ogni maniera, nulla aveva obliato per dare alla dichiarazione delle ostilità quella grandezza e quella fede, che debbe trovarsi nella collera di un popolo oltraggiato che domanda ragione del torto, e lo vendica. Una parte di artiglieria fu offerta e mandata a Potenza: munizioni e fucili erano pronti. Più migliaia di uomini delle provincie di Bari e di Lecce stavano sulle mosse. Da quelle di Basilicata e di Salerno già forti drappelli di guardia nazionale recavansi a Potenza, perché molti bravi avevan preso le cose sul serio. Un battaglione di cacciatori, che era nella città, fraternizzava col popolo.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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