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      Io mi sentiva al cospetto di Dio: io mi coricava sotto il padiglione gemmato della notte come sotto lo sguardo sorriso di una madre. E qualcuno di quegli uomini, che pochi giorni innanzi ci avrebbero fatto paura o ribrezzo, che forse in un angolo di foresta ci avrebbero detto: la borsa o la vita, che si vedevano separati dal mondo da una zona di sangue; quegli uomini erano a noi vicini, custodivano il nostro riposo, pronti alla morte del domani come ad una festa. Poi gli allarmi incessanti che tenevano desta l'anima sul pendio di ingolfarsi nella contemplazione dei misteri della natura. Poi quella varietà bizzarra di fisonomie forti, angolose, eloquenti; quel dolce mormorio della lingua albanese, che era una rivelazione della non compiuta decadenza di un popolo, il quale aveva conservato ancora ciò che vi ha di più vitale, la favella de' grandi antenati. Poi quell'eccitazione perenne di novelle, di progetti, di atti di amore alla libertà, di divozione, di subite avvisaglie; e quella vista eloquente di alcuni frati e di alcuni preti, i quali avevan dato l'ultimo bacio al Cristo, il redentore morale, per venire a maneggiare il fucile, il redentore politico. Mauro non aveva torto di esaltarsi, d'inebbriarsi di poesia. Ah! perché dovemmo svegliarci così bruscamente! Si propose intanto a Mileto istantemente di far guardare Mormanno, perché di quivi solamente potevasi esser sorpresi da quei di Ducarne, che avevamo di fronte, a tiro di fucile, dall'altra parte del ponte che chiude le gole di Campotenese; Mauro si oppose ostinato, adducendo aversi poco più di mille uomini, per guardare un passo di monti di sole alquante spanne.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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