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      Niente di tutto questo fu accettato da quel poltrone di Ribotti, e poiché il disegno di assaltar Monteleone cominciava a prevalere, costui sparse subito la voce che i regii erano sulla strada di Maida, e che era impossibile resistere: ciascuno perciò si salvasse come potesse. I liberali di Catanzaro si videro allora presi fra due fuochi. Nunziante e Busacca li avrebbero stretti in mezzo. Il campo si sparpagliò: quei di Nicastro per mezzo del vescovo trattarono la reddizione, ed i capi emigrarono; le masse ritornarono ai propri focolari per essere quindi a poco, malgrado i patti e le promesse, carcerate dal governo militare, ed o fucilate o gettate a morire nel fondo di orrende prigioni; i siciliani, senza attendere i vapori che i loro concittadini mandavano, s'imbarcarono sopra legni pescarecci.
      E così fu uccisa la rivoluzione di Calabria! I suoi amici, i suoi operatori l'avevano resa impotente: come Desdemona era stata soffocata dal proprio marito. Uomini bravi, uomini onesti, liberi, disinteressati, oggi tutti o raminghi per terre straniere o sepolti in mude mortali. Che era mancato ai rivoluzionarii calabresi? era mancato l'accordo, l'unisono, era mancato il genio della rivoluzione. E forse il difetto non fu interamente loro, ma dei tempi: era la rachiasi del movimento europeo del 1848, che non venne alla luce con le condizioni necessarie per esser vitale. Grazie a Dio, ci siam compresi oramai, ci siam conosciuti. Il senso chiaro, la formola netta della rivoluzione del 1848 doveva essere quella di colpire sulla fronte la autorità in tutte le sue regioni, sotto tutte le sue forme.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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