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      Caduta Messina, Melazzo la segui. L'ostinazione e la bravura mostrata dai messinesi facevano ancora sperare a' radicali napolitani; perché non tutte le altre città di Sicilia erano al pari di Messina sotto la signoria di una cittadella inespugnabile. Gli apparecchi fatti altrove si dicevano più vigorosi. Ma la nostra aspettazione fu delusa. L'Inghilterra e la Francia s'interposero: si cominciò a trattare di pace: si accozzò a Gaeta anche un ultimatum oltraggioso che i siciliani meritamente respinsero, ed alcuni mesi dopo la prima catastrofe, la guerra si riaccese. Catania offrì anch'essa nobile resistenza e molte centinaia di napolitani vi perirono. Anch'essa patì il martirio delle bombe e dei razzi. Anch'essa prima di cadere si satollò di una grande ecatombe di soldati napolitani. Ma a costoro, esilarati omai dall'ubbriachezza della vittoria, ed eccitati dalla lascivia e dalla rapina, a costoro nulla poteva più resistere. Ed invero non avevano essi vinta Messina, miracolo di ardimento e di forza? Catania fu soggiogata e sottoposta del pari alla taglia impura del sacco e del fuoco. Il soldato napolitano aveva bisogno di un movente per battersi: perché egli curavasi poco, checché se ne pensi, di battersi pel re. Non potendo quindi combattere per principii gloriosi, di cui non aveva neppur nozione, combattette per sé, combattette per bottinare, per arricchirsi. Espose la vita per ricolmare la scarsella e gavazzare nell'orgia. Gli uffiziali sono stati accusati di aver tollerati gli eccessi più scellerati.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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