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      Con le crociate cercò darsi in oriente una forza ed un punto di appoggio per assimilarsi l'occidente, e riattaccare al Vaticano la società attaccata un giorno al Campidoglio. Le crociate fallirono anch'esse. Sconcertato allora nella doppia ristorazione tentata, il pontificato cominciò a travagliare l'Italia per darle un impulso contro natura, l'impulso di ostilità all'occidente; cominciò quella lotta interna, incessante e pertinace, che ha determinato il suo carattere di straniero, di immobile e di avido. L'Italia sostenne l'aggressione, e perciò alla sua culla ed alla sua tomba ha trovato sempre il papato pronto a darle il colpo mortale, chiamar lo straniero ed aiutarlo. Il pontificato infatti chiamò Carlomagno; il pontificato chiamò Carlo V. Questo veleno dissolvente allogato sul suo cuore, ha colpito l'Italia di paralisi. Il papato non essendo assai potente, dice Machiavelli, per occuparla, e non avendo permesso che altri l'occupasse, ne è risultato che non ha potuto riunirsi sotto un sol capo, ma è stata divisa tra molti principi e molti padroni. Perciò quell'anima severa di Dante ed i ghibellini volevano gittarla perfino nelle braccia dell'imperatore, onde darle una vita ed un corpo. Ma il papato preferì assidersi sopra il gran cadavere che si stende dalle Alpi all'Etna, ed ingannò i guelfi, i quali si erano diseredati come il re Lear, e gli avevano abbandonata la libertà per la ricostruzione della grandezza della patria e la supremazia morale d'Italia.
      Gli attacchi cominciati dall'istinto straniero furono continuati dalla dottrina dell'immobilità. Il cattolicismo aveva spiegata questa insegna fin dal suo nascere, quando aveva rotto col giudaismo che è la religione dell'avvenire, e si era imbastigliato nel passato, nel testo, nella rivelazione, nell'autorità, in una parola in quanto lo spirito umano ha di sterile e di morto.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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