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      E per usare dell'antica pratica dei parlamenti inglesi, i quali per allargare sempre più il cerchio delle libertà popolari, univano le petizioni ai bill di sussidio; alla domanda associarono il progetto di legge che autorizzava il governo ad esigere le imposte per due mesi sul sistema stesso dell'anno trascorso. Per distornare quest'uragano il ministro Ruggiero, ribaldo sfrontato, ebbe l'impudenza di domandar conciliazione, e proporre una legge che autorizzava il ministero per sei mesi a percepire le imposte. Silenzio glaciale e severo accolse le sue parole, che caddero sulla assemblea come sopra un pavimento di marmo. Il progetto ministeriale fu respinto, quello della Camera votato. Il ministero sapeva che l'antipatia del popolo contro la Camera dei pari erasi estesa fino ai rappresentanti, e che perciò poteva farne facile strumento di vendetta e di dissidio. Questo consesso, che nella prima sessione erasi divertito a prepararsi un letto di morte nella discussione dei suoi regolamenti, aveva adesso dato segno di vita, ma solamente per assolvere il generale Filangieri dalle crudeltà di Messina, e per udir dalla bocca di Emiddio Cappelli delle insolenze plebee, plebeiamente profferite, contro la Camera dei deputati. Il ministero trasportò nel suo grembo la discussione impegnata con i rappresentanti. Se avessero avuto pudore e giudizio, avrebbero compresa la ignobile parte che il ministero imponeva loro, e dichiarata la incompetenza. Lo statuto, sotto questo rapporto, era chiarissimo.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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