Pagina (26/267)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Cadeva da Voltaire in Sant'Ignazio; dal patriarcato del villaggio passava alle convenienze della città, alle esigenze della vita più educata, ai sarcasmi motteggiatori dei suoi condiscepoli.
      Mal vestito, povero, senza un soldo in tasca, sgraziato, imbarazzato, troppo franco di mano e di lingua, trascurato in tutto, poco pulito e slanciato d'un tratto in un nuovo ordine di idee, in una corrente contraria ai suoi studi anteriori, annoiandosi facilmente, ma avido d'istruzione e di rendersi ragion di tutto, e perciò fastidioso ed importuno, poco socievole nel fondo e proclive a ridersi di tutto e di tutti, Bruto passò molto male i primi mesi della sua vita di studente.
      Ogni cosa lo urtava. Era come un uomo nudo coricato sopra delle ortiche. Si bisticciò quindi colla polizia, con monsignor Scotti, col priore della Congregazione, con don Noè, con Tartaruga; fu lì lì per storpiare uno o due dei suoi camerati; corse rischio due o tre volte di esser schiacciato sotto le carrozze, non s'inginocchiò dinanzi al Santissimo che passeggiava nelle vie sotto un baldacchino; non levò il cappello mentre passava il re; fu distratto, di cattivo umore; camminò sopra i calli e sopra i piedi di non so quanta gente; cozzò con questi e con quegli e tirò avanti senza curarsi delle ingiurie lanciategli.
      Alla scuola interruppe i professori con delle apostrofi, che lo misero sul punto di essere scacciato. Il fare, le maniere di città, lo facevano disperare; sentiva tutti gli stimoli della vita che si svegliava, della giovinezza che si imponeva e non poteva soddisfare nè i suoi gusti, nè i suoi appetiti.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





Voltaire Sant'Ignazio Bruto Scotti Congregazione Tartaruga Santissimo