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      Ritornando a casa, per la prima volta Bruto s'accorse che il bugigattolo di suo zio era infetto; che le bestie, alle quali il sagrestano dava ospitalità, ne assorbivano metà dell'aria respirabile e ne raddoppiavano i miasmi.... Non so come quel malfattore si adoperasse per nascondere i suoi assassinii a don Noè e a Tartaruga.
      Il fatto sta che, due giorni dopo la visita a don Gabriele, i conigli dei sagrestano cuocevano lentamente a stufato nella casseruola di Tartaruga, la gabbia ove brulicavano i sorci d'India, era stata aperta dal gatto, che li aveva divorati; e poi alla sua volta, per timore forse d'una punizione severa, il gatto era scomparso; i due cani di Tartaruga erano andati in cerca del mariuolo e non erano più tornati; i pollastri non cantavano più, stavano rannicchiati, tremavano come se avessero la febbre, sicchè la serva, vedendoli sul punto di crepare, prese la risoluzione di torcer loro il collo.
      La gabbia dei canarini e dei merli era vuota; la gazza, la cornacchia e la civetta, prese da vertigini, si erano precipitate in istrada ad ora indebita, e Dio sa dove erano andate a far gazzarra; il pappagallo querulo, ostinato, petulante, bestemmiatore, che rispondeva amen alle preghiere di don Noè, ed ora pro nobis alle litanie di Tartaruga, quel pappagallo testereccio, per un miracolo inesplicabile, s'era arrampicato sulla punta della croce della chiesa, come una banderuola, e a don Noè, che lo chiamava Titi per farlo rientrare nel suo domicilio, rispondeva col famoso giuramento di Benedetto XVI; poi alla sua volta Titi disparve e non se n'ebbe mai più notizia - malgrado l'onesta ricompensa offerta da don Noè.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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