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      Bruto si alzò e, mentre Tartaruga sgusciava i piselli, passeggiò per la stanza colla finestra aperta. Faceva le viste di tener gli occhi volti al cielo, come se cercasse una rima. In realtà rimirava quella bella giovinetta che lavorava rimpetto a lui, così vicino, che, quantunque fosse dall'altra parte del vicolo, l'udiva respirare. Pertanto restava silenzioso.
      Tutto ad un tratto, Bruto vede la testa della ragazza volgersi vivamente verso il fondo della stanza e sente il rumore d'una porta che si apre e si chiude e una voce che brontola; in pari tempo vede cadere sulle ginocchia della fanciulla un involto di biancheria.
      - Ebbene, mamma! domandò questa con ansietà.
      - Nulla, rispose una voce dall'interno.
      - Come nulla? replica la ragazza disfacendo l'involto.
      - Nulla, nulla! che Dio la castighi, quella pettegola che non ha viscere di cristiano! sclamò la voce.
      - Ma insomma, perchè mi riporti questa biancheria?
      - Perchè? perchè quella beghina mi ha detto, gettandomela dietro, che i Riut Lamada sono conti e che tu hai ricamato su queste pezzuole e su queste camicie una corona di barone. Hai capito ora?
      - Ma il modello?
      - Oh! il modello? ebbene il modello era di una pezzuola data dalla Regina. Ora, i Riut Lamada, mi ha detto la cameriera, sono baroni alla corte e conti in città. Ecco un nuovo modello. Bisogna ricominciar da capo.
      - E non ti hanno pagata?
      - Pagato? Che Dio mandi loro la miseria. Ho dovuto supplicare piangendo per ottenere ancora del lavoro. E tu devi scucire, poi ricamare di nuovo una corona come quella che vedi su questo pezzo di carta.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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