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      Il teatro tremò dagli applausi; i due autori furono chiamati al proscenio. Altri applausi scoppiarono al racconto del viaggio fatto dall'amante della figlia di Ippocrate, imitato da quello famoso di Teramene. Si applaudì alla parola "vigliacco" gittata in faccia all'amoroso dal suo rivale e quando arrivò il commissario di polizia Campobasso per impedire il duello. Si applaudì quando questi rivali riconobbero, non so in qual modo, di essere fratelli. Si applaudì di nuovo quando lo zio d'Ippocrate, che era un artista (incisore di biglietti di visita), facendo del lirismo sopra l'arte, salva la vita all'amante tradito.
      Si tornò ad applaudire quando quest'ultimo, non avendo più nulla a fare, si uccide; quando la prima amorosa muore di parto; quando sua zia - Lena, monaca di casa - muore di un accesso di tosse, che interrompe l'angelico canto dell'Ave maris stella di Pergolese; quando il Prussiano muore di disperazione, l'incisore di renelle e Ippocrate di una malattia non definita. In una parola, gli applausi furono incessanti. Si volle il bis del canto di Lena, che entusiasmò tutto il teatro.
      Sua madre era in tale parossismo d'eccitamento, che non s'accorse neppure, nel ritornare a casa colla figlia, di essere seguita da qualcuno.
      Gli autori non rinvenivano dalla sorpresa, che destava in loro quell'immenso successo.
      La critica classica si sforzò di contestarlo.
      Bruto inviò due padrini ad un giornalista, che rifiutò il duello, sotto pretesto che si credeva padrone di trovare che la figlia di Ippocrate non doveva portare guardinfante.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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