Pagina (66/267)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Bruto gli spianò le spalle. Diede dei buffetti ad un altro critico, il quale pretendeva che i cannoni non esistevano in quell'epoca remota. Slogò una mascella ad un terzo che aveva trovato tutto ottimo, salvo che Ippocrate non avesse parlato greco.
      La polizia s'intromise e Bruto fu messo in gattabuia.
      La buona azione metteva capo ad un carcere.
      Lena Minutolo non seppe mai che Bruto avesse scritto quella produzione apposta per lei, che a lui era debitrice del suo primo debutto, nè ch'egli avesse intercalato nel dramma un'aria appositamente per procurarle un gran trionfo.
      Ci volle l'intervento dell'arcivescovo, messo in ballo dal curato di San Matteo, spinto alla sua volta da don Noè, per far uscir Bruto dalla prigione, tantochè vi rimase solo venticinque giorni.
      Una prima ruga gli solcò la fronte.
      Egli pensò.
      Al domani della rappresentazione un'orribile vecchia si presentava dalla madre di Lena con una lettera del marchese Annibale de Diano.
     
     
     
      CAPITOLO VIII.
     
      Il pentimento dell'ubbriacone.
     
      Don Noè fu ben lontano dal rallegrarsi del trionfo di Bruto. Egli s'accorse che suo nipote, invece di frequentare la scuola e gli ospedali, bazzicava con vagabondi e fannulloni. Don Noè cedette e perdonò, ma a patto che d'ora in poi suo nipote s'immergesse intieramente nello studio della medicina.
      - Sì, disse Bruto, ma a due condizioni sine qua non.
      - Ah! ah! trattiamo, dunque, da potenza a potenza ora? Va bene: sentiamo quali sono.
      - Primo che mi diate il danaro per pagare il mio diploma di medicina.
      Don Noè diede un grosso sospiro e non rispose.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





Ippocrate Bruto Minutolo Bruto San Matteo Bruto Lena Annibale Diano Bruto Bruto