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      Questa stanza trasudava la tristezza.
      Le camere interne denunziavano i gusti della moglie e quelli del marito, poichè vi si osservava una spinetta che aveva rotte soltanto nove corde, quelle probabilmente che la voce della signora Tibia aveva perdute, dacchè aveva principiato a cantare sulle ginocchia del maestro: Bel raggio lusinghiero. Una nicchia in vetro rinchiudeva un presepio ove il bambino Gesù aveva una parrucca a coda, i buoi dalle corna dorate e la Vergine la cipria e dei nèi. Sopra un tavolino, due enormi corna di Transilvania per scongiurare la jettatura; sullo scrittoio del dottore l'Uffizio della Beata Vergine, un volume di Metastasio e le Novelle morali del padre Soave, della Compagnia di Gesù. Dappertutto un odore di rinchiuso; poichè dottor Tibia amava il profumo di muffa, come Goethe quello dei pomi marci.
      A quei dì un medico elegante era un fenomeno.
      Quando l'ex-ballerina ebbe finito di raccontare la sua malattia al dottore, questi, ravvolto in un mantello verde che gli teneva luogo di vesta da camera, il capo coperto da una berretta di seta nera, il viso fiorente e ben sbarbato, fece la sua entrata nel salotto.
      Diede un buon giorno sonoro e collettivo, non avendo tempo da perdere. Tutti si alzarono. Con una rapida occhiata il dottore aveva osservato che nessuno di queglino che aspettavano aveva bisogno di cortesie speciali. Il dottor Tibia era il Lavater dei(3) borsellini. Ascoltò un signore e gli rispose a voce bassa; poi si volse con premura verso una dama che veniva per pagarlo e l'accompagnò fino alla porta.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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