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      Credo anzi che fosse un po' meglio di te; aveva delle calze di seta. È vero che le venivano da un canonico, poichè eran rosse; ma aveva anche sul capo un fazzoletto color arancio, che doveva venire dall'istessa fonte. Per finirla, promise di cucire le mie camicie e mi disse d'andar a prenderle otto giorni dopo.
      - Indovino la tua storia, caporale. Quella mariuola ha mangiate le camicie.
      - No, le ha bevute; ma ciò le portò fortuna. Giuocò al lotto la gherminella che aveva fatto al mio sergente: le camicie, 37, il sergente, 61, lo scherzo - derubare un povero invalido lo riteneva uno scherzo - 84. E 84, 37, 61 uscirono tutti e tre. Guadagnò 48 ducati, cambiò casa ed il mio sergente restò l'anno scorso senza le camicie.
      - Povero uomo! esclamò la donna.
      - Di maniera che la mia buona signora voleva far cucire quelle di quest'anno da una persona sicura e ne ha chiesto al parroco, che le diede l'indirizzo di Serafina Minutolo. Dove sta questa Serafina, zi-zi-a?
      - Non la conosco, caporale.
      - Il mio povero Sacco-e-Fuoco non ha fortuna.
      - Chi è codesto? abbiamo ancora un Sacco-e-Fuoco al presente?
      - È il nome del mio sergente.
      - Graziosa! caporale. Tu eri, dunque, il cappellano del tuo reggimento, eh?
      - È un soprannome. Il suo vero nome è Pietro Colini.
      La donna, che continuava a spazzare, si fermò e del suo sguardo avviluppò l'uomo. Fu un lampo. Di gialla la sua pelle divenne grigia. Ma ciò non durò che un secondo. Si rimise a scopare con più furia di prima. L'uomo non fece attenzione a quella nube passeggiera, giacchè sembrava commosso, e disse:


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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