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      - Zia, dammi una sedia.
      - Per far che?
      - Per porre a sedere la mia emozione, vedi. Egli è che quando penso a certe cose vecchie....
      La donna lo guardò di nuovo con una strana fissazione delle pupille, poi rispose freddamente:
      - Ti occorrerebbe, per avventura, ancora un cordiale? Lascia che accenda la tua pipa, almeno; l'hai spenta colle tue lagrime.
      - Vi sono delle cose che fan gomitolo sul cuore, vecchia, ed il tuo cuore stesso, che è fatto di vecchia suola, ne sarebbe commosso.
      - Lo credi? uomo tenero!
      - Ho detto sergente. Ebbene, no! il mio povero Pietro Colini era colonnello, decorato della Legion d'onore, barone, e, se Napoleone non fosse caduto, l'avrebbe nominato conte e generale sul campo di battaglia di Waterloo.
      - Sei, dunque, tu che l'hai degradato, e ne hai fatto un sergente all'imboscata di sei camicie, caporale?
      - Zitto, strega, sono essi.
      - Chi essi? i tuoi padroni? coloro che ti danno le tue rendite?
      - I ritornati: i Borboni. Egli aveva lasciato una donna, partendo.
      - Che gli cuciva le camicie?
      - Ch'egli amava, vecchia, e che voleva menare in moglie al suo ritorno. Voleva pure dare un padre al figliuolo che le aveva lasciato partendo. Capisci ora, strega? Ma nulla. Giuseppina, credo che si chiamasse qualche cosa come così, quella bella giovane, era sparita.
      L'uomo fissò gli occhi sulla donna, che scopava sempre, senza saper ciò che si facesse, a scosse, a sbalzi, con mano convulsa. E gli voltava sempre la schiena.
      - È, dunque, morta codesta... come la chiami? codesta bella giovane?


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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