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      Don Gabriele si preparava a rimontare per andare ad ascoltare all'uscio. Uno strepito di passi ed un suono di voci ne lo stornarono. Scese e si trovò nel cortiletto faccia a faccia con una vecchia che anch'essa, ansimante, principiava a salire.
      La vecchia era corta e grossa. Aveva in testa un cappello giallo con fiori azzurri; portava un vestito color arancio ed uno sciallo verde, sprizzato di fiori rossi.
      Un cespuglio di ricci neri le scendeva sul fronte e si confondeva con le sopracciglia, nere esse pure, ma che, per disgrazia, assalite da grosse goccie di sudore, si stringevano e solcavano la faccia di strisce grigie. La degna matrona aveva dei mustacchi vecchi appena di otto giorni, un parasole viola, un ventaglio ed un barboncello che giuocando le mordeva i polpacci e le gualciva il vestito.
      - Giù, Tobia, giù sta quieto; non ho voglia di scherzare, capisci? Badate, signore, diss'ella tirandosi da una parte per lasciar passare il burattinaio, badate di non pigliare le zampe di Tobia.
      Don Gabriele si schivò, squadrandola, e togliendosi la benda dall'occhio sinistro.
      Erano le undici. Andò da Bruto e gli raccontò ciò che gli era accaduto.
      - Per me, soggiunse, non c'è più dubbio; quella donna è la giovane del 1814 del nostro colonnello. Ella fiuta sempre la polizia alle sue calcagna. Le disgrazie l'hanno scaltrita.
      Bruto si precipitò alla finestra e restò stupidito. Don Gabriele lo seguì.
      - Che cosa c'è? chiese egli.
      - Guarda, rispose Bruto.
      La vecchia, che don Gabriele aveva incontrata appiè della scala, era seduta in faccia alla finestra.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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