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      La era una sera di settembre. Le finestre erano aperte. Era l'ora in cui don Gabriele dava rappresentazione al teatro di Donna Peppa. Bruto studiava. Tartaruga pregava sonnecchiando nello stanzino che le era stato destinato, non come ad una serva, ma come ad una house keeper, come dicono gl'Inglesi, cioè qualcosa meno di una padrona di casa, ma qualche cosa di più di una fante.
      Il colonnello arrivò a piedi, vestito da sergente degli invalidi, una camicia involta in un vecchio giornale, per tutto bagaglio, ed un paio di calze che gli pendevano dalle tasche di dietro, a guisa di pezzuola. Non ebbe duopo di chiedere l'indirizzo; sopra una grande lamina di rame inchiodata alla porta stava scritto:
      /* BRUTO ZUNGO, MEDICO-CHIRURGO. */
      Suonò. Tartaruga aprì.
      - Dov'è? chiese alla serva.
      Poi, senza aspettare la risposta, entrò gridando:
      - Olà! Bruto! eccomi qua, fulmine d'un fulmine! Dove diavolo(7) sei? nel tuo palazzo! Parola d'onore! Questo ragazzo si è regalato le Tuileries!
      La nota voce, che riempiva l'anticamera ed il salotto, fu udita e riconosciuta da Bruto, che fece un balzo e ricevette il suo amico fra le sue braccia.
      Il vecchio soldato ed il suo allievo erano commossi. Tartaruga faceva lume colla candela, non fiatando e non comprendendo che mezz'ora più tardi, che codesto sergente poteva ben essere il sergente cui Bruto attendeva.
      - Come! cattivo galuppo, disse finalmente il colonnello, non una parola di lei, nella tua lettera!
      - Egli è, mio povero colonnello....
      - Che cosa?
      - Mille scuse, mio generale.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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