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      Cecilia, che faceva viaggiare ogni metro di tela, venendo di Olanda, per le camicie di un re, al prezzo dei viaggiatori di prima classe, trovò, invece, che il fornitore le dava per niente.
      Il re andò in collera per questa osservazione; credette che la sua futura Pompadour si fosse già posta d'accordo con i suoi fornitori per giuntarlo, ruppe il colloquio e diede ordine che la non fosse più ammessa a corte, ciò che desolò mastro Jacob.
      Quando Bruto mise il piede nella sala di questa bella e giovine creatura, la si era assopita, col viso pallidissimo sprofondato fra le trine de' suoi guanciali. L'Antony di Dumas, che stava leggendo, le era caduto di mano ed il suo bel braccio pendeva inerte.
      Un respiro caldo e convulso sprigionavasi dalle sue labbra, scolorate adesso e contratte involontariamente dal dolore forse, dal cordoglio senza dubbio. Alcune goccioline di sudore offuscavano la fronte bianca e chiara. Le sue pupille si schiudevano un passaggio attraverso le ciglia, non ben serrate; ma la non vedeva punto; sognava. La sua mano sinistra si afferrava violentemente alla sua veste da camera di casimiro bianco.
      Quando Lisa annunziò il dottore, Cecilia si risvegliò di soprassalto e raccomodò subitamente l'accappatoio mezz'aperto sopra il suo bel seno ignudo. Cecilia bruciava dalla febbre e Bruto arrivava mal a proposito per varie ragioni. La prima era questa: Cecilia erasi opposta alla proposta di farlo chiamare.
      Non rispose, quindi, al saluto rispettoso del dottore e disse a Lisa:
      - Alzami un poco e aggiusta i guanciali.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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