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      Siccome voi probabilmente non sapete il greco, ed io non arriverei mai a tradurre questa parola in un italiano conveniente, vi fo grazia del nome. D'altronde non aspiro a prestarvi le mie cure. Cercar di guarirvi, gli è uccidervi.
      - Giuocate, dunque, agli enigmi, dottore?
      - Io non giuoco di nulla, signorina. Non son mica poi ancora tanto incallito nel mestiere per vedere in una bella giovane, come voi, semplicemente una sorgente di lucro pel mio bilancio di rendite.
      - Vi fo grazia del vostro disinteresse, dottore. Non siete stato chiamato per questo, credo. Voglio tenermi altresì Tibia e seguire i suoi consigli; ma voglio avere la coscienza di ciò che fo. Ora agisco per istinto; quando m'avrete detto che v'è un mezzo per salvarmi, sarò contenta di me stessa e della risoluzione che sarò per prendere.
      - Sia pure, disse Bruto: ecco il mio consiglio. Se persistete nell'idea di suicidio, continuate a prendere le tisane che vi vengono prescritte, continuate ad indebolirvi, ad avvelenarvi, aggiungete combustibile alla fiamma interna che già v'invade. Se volete vivere, non fate più nulla, nulla alla lettera. L'incendio, che già divampa, si estinguerà forse da sè solo. La natura riprenderà i suoi diritti; la gioventù è benefica nelle sue influenze e l'avvenire dirà la sua ultima parola.
      Cecilia si sciolse in lagrime ed esclamò:
      - Andate via, andate via! non voglio più veder nessuno.
      - Vivete, signorina, disse Bruto commosso. Basta il male che ci viene da Dio; non aggiungiamone colle nostre mani.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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