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      - Ebbene?
      - Nessuna notizia, signora, rispose il conte, inchinandosi umilmente, ma ne avremo. Ho messo sulle sue traccie un certo Fuina, il più astuto bravo della nostra polizia.
      La donna sospirò ed aggiunse:
      - Sopratutto che non si facciano scandali. Chi è quel giovane che era qui poco fa?
      - Un medico, signora, un provinciale. Non c'è nulla da temere.
      - Ha una faccia onesta. Lasciatemi; vado a riposarmi un poco.
      Non so quale idea traversò lo spirito del conte. Il suo viso si rasserenò.
      Il dottor Tibia fu ringraziato, ma il domani Bruto non venne, quantunque il conte l'avesse fatto chiamare dal suo servitore.
      Gli scrisse allora che chiedeva di lui, non per sua figlia, ma per sè stesso e che il dispiacere gli aveva causato uno spargimento di bile.
      Lo pregava di venire per avere un consulto con uno dei suoi colleghi.
      Bruto non aveva nulla da opporre; la sua suscettibilità di professione non aveva nulla a dire. Arrivò all'ora fissata; ma il suo collega, non essendo ancor giunto, dovette aspettarlo. Bruto evitò ogni allusione verso la signora Cecilia e s'informò della salute del conte, che non pareva visibilmente alterata.
      Suonano le due, passano ancora alcuni minuti, la finestra, che dà sulla scala a chiocciola, si apre, entra una donna velata, e sorpresa come la prima volta di quell'incontro e dopo aver avvolto Bruto nei suoi sguardi, traversa lo studio e sparisce dietro la cortina di velluto, accompagnata dal conte, col berretto alla mano.
      - Il vostro bracco vi ha appreso qualche cosa?
      - Sì, signora.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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