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      .. - sai di chi parlo! - ti aveva voluto nel suo castello in Ispagna! Ora, invece, ho bisogno di te. Se tu mi fossi inutile, ti avrei abbandonata alle cure del dottor Tibia: eri in buone mani. Ma ora io ti associo ai miei affari.
      - Quali affari?
      - Ciò non ti concerne punto. Tu non sei che il "compagno" nella società. Il nome principale della ditta è affar mio. Ma il tuo precoce prodotto non entra nei miei conti. Bisogna che io lo sconti sotto altro nome. Non mi comprendi?
      - Non oso comprendervi.
      - Grazie della modestia! Ti lascio, dunque il tempo di abituarti a questa audacia e di osar comprendere. Per aiutarti, mi spiego più chiaro. Fra pochi mesi, tutti i fannulloni e le pettegole di Napoli osserveranno che la tua taglia non è più della flessibilità normale. Fra alcuni mesi ci sarà un bamboccio di più in famiglia. Se quella sporca e stupida cosa, che si chiama la polizia, non avesse gli occhi aperti, potremmo farne un bucato a tempo e luogo ed il diavolo è un buon sensale. Ma questo modo di salvar la virtù compromessa ci condurrebbe davanti ad una corte criminale. Bisogna, dunque, trovare un padre. La è tradizione di famiglia: trovare un padre! Ciò è affar mio. Ti risparmio la fatica di cercarlo.
      Cecilia ricadde sui suoi guanciali e nascose il suo viso piangendo. Ruitz continuò a passeggiare convulsivamente, poi soggiunse:
      - Se non si trattasse unicamente che dell'onore, siamo abbastanza in fondo, gioia mia, per ridere di questo scherzo. Ma abbiamo degli altri gatti da pelare. Pel momento lasciati guarire da quel puntiglioso provincialotto, che rassomiglia ad un bove che arrossisce delle proprie corna! quando sarai guarita non ti chiederò cosa dovremo fare.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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