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      - Signore, disse il colonnello con accento sempre freddo ma concentrato, vi chiedo ancora una volta che cosa volete da me? chi siete? chi vi manda? che significa codesta stupida provocazione? Sapevo che la polizia aveva delle spie. Ma non credevo che assoldasse altresì dei bravi in guanti gialli.
      - Io sono il marchese di Diano, rispose costui di un tuono ringhioso. Non volevo che mostrare ai tuoi occhi il colore delle tue orecchie, ed insegnarti le convenienze che si serbano nei pubblici spettacoli. Ma poichè tu m'insulti, divengo più esigente.
      - Signor marchese, badate a voi, replicò il colonnello frenandosi. Il disprezzo mi rende tollerante, ma il disprezzo anch'esso ha i suoi disgusti e le sue rivolte. Seguitate la vostra via.
      Ed il colonnello volle continuare la sua.
      - Ah! grida il marchese, riscaldandosi. Hai, dunque, paura per le tue orecchie e pel tuo braccio! Poichè hai mandato una gamba ed un braccio avanti per prepararti gli alloggi, andrai a raggiungerli, o il diavolo mi porti, se non mi arruolo come soldato del re tavernaio (Murat). Animo, voi altri, cacciatelo coi vostri stivali sotto il lampione ond'io lo rada senza cincischiarlo.
      - Indietro, gridò il colonnello ai giovanotti che si precipitavano su di lui. Se avete mai udito parlare di quella cosa che si chiama onore, siate testimoni che sono forzato a difendermi.
      Il marchese, in quel cerchio di luce cupa che circondava uno dei lampioni del cortile, aveva già sguainato una lunga spada che trasse dal suo bastone. Il colonnello lo seguì a passo calmo e lento e tirò fuori a stento una sciabola, che non aveva mai veduto la luce; poichè la gli veniva dai Borboni.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





Diano Murat Borboni