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      Tutti e due parlavano ad un tempo e con precisione. Bisognò che don Gabriele, presentato in regola, assumesse la presidenza di quella riunione.
      Passo sui preliminari, in cui Lena e Bruto schermirono a chi parlasse primo, tanto l'uno era ansioso di conoscere le rivelazioni dell'altra. Ma la parola restò, come era da aspettarsi, a Lena.
      Fatto è però che ella divagava e si perdeva nei ricordi e negli episodi, poichè Bruto fu forzato a ricondurla alla questione, perchè gli ardeva sapere: le sue relazioni col marchese e la sua prima recita al San Carlo.
      - Non ho nulla a rimproverarmi, esclamò Lena e voi potete credermi tanto più che non accuserei mia madre ora che la è morta. Non conobbi la mia disgrazia che quando era già irreparabile. Aveva però lottato, lottavo da quattro anni, tutti i giorni, a tutte le ore del giorno e della notte. La mia perdita era divenuta per la povera donna una idea fissa, quasi un sentimento del suo dover di madre, la risposta che doveva dare alla Provvidenza ed alla società, un atto di giustizia, una religione di famiglia, un'abnegazione e, sopratutto, il segreto pel pane quotidiano. Le sue sventure l'avevano inspirata e non le avevano nulla insegnato.
      - Le sventure hanno sempre questo risultato, osservò don Gabriele. Ma, infine, come codesta catastrofe fu consumata?
      - Nella maniera la più semplice e forse la più comune. Era la sera della seconda rappresentazione del Violinista di Cremona. Mia madre era felice. "Faremo una piccola festa fra noi due, mi disse rientrando.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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