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      Cecilia mi aveva sempre ricevuto male, non so perchè. Io l'aveva trovata bella, dal primo sguardo; ma un non so che di misterioso si interponeva fra noi che ci straniava, ella con asprezza, io con tristezza. La sera del pranzo la mi parve irresistibile. Non era che altiera quella sera e non mica sprezzante ed astiosa come al solito.
      - Le vostre osservazioni sono molto precise.
      - È necessario, signora, che io dettagli bene le cose, onde possiate ben giudicare la mia condotta. Dopo il pranzo, il conte, che fingeva di essere brillo in faccia all'uomo, che lo era forse davvero, mi tenne un seguito di propositi strani. Quando compresi però, la mia ebbrezza dissipossi in un attimo.
      - Quali erano codesti propositi?
      - Impossibile di seguirne ora l'intreccio e le tortuosità. Potevano riassumersi così: sposate mia figlia, la è bella, ed io vi servirò di cornac nella vostra carriera. Questa seconda parte mi sedusse poco. La fortuna non ha presa sur un uomo che può vivere di due soldi di pane al giorno e trovarsi più felice di Sardanapalo. L'onore di sposare la figlia del conte, la bellezza della fanciulla, mi toccarono poco altresì. Avevo scandagliato l'anima del conte e l'avevo trovata infame e putrida. Sua figlia mi odiava e d'altronde io era internamente corazzato contro la malìa di quel viso. Nonpertanto non si ha vent'anni per nulla. Ove il cuore rimbalzava, la carne gridava. Non amavo Cecilia, ma subivo la legge del desìo e non so quale influenza dei sensi.
      - Passate, signore, passate, fece la principessa, i cui occhi fiammeggiavano.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





Sardanapalo Cecilia