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      Ora un ladro, un assassino, un usuraio, un denunziatore potevano lusingarsi di trovare indulgenza presso questo paterno commissario; ma uno studente che avesse trasandata la messa, una donna leggera provocatrice al peccato mortale, un uomo in collera che avesse bestemmiato, si fosse pur santo Cesare, tutti questi non avevano nulla da sperare.
      A queste disposizioni benevole del commissario s'aggiunse l'insinuazione dell'ispettore, il quale, trovando insufficiente la mancia di Tartaruga, dipinse il colonnello come uomo che non temeva nè la Corte della terra, nè quella del cielo. Questo commissario aveva inoltre l'abitudine di recarsi al suo ufficio con premura, quando era in collera - per igiene - perocchè allora la sua bile non gli si spandeva pel corpo, ma cadeva sull'anima vili che gli capitava fra le mani.
      In questa condizione di cose, il commissario Silvestri sedette pro tribunali e si fece menar dinanzi il colonnello. Il cancelliere, che era solamente un po' sordo, gli si mise vicino.
      Il colonnello restò in piedi. Il signor Silvestri fiutò una presa di tabacco, mise gli occhiali, squadrò da capo a piedi, da uomo che se n'intende, il delinquente, e, tenendo a briglia la sua irascibilità, principiò l'interrogatorio.
      - Come ti chiami?
      - Pietro Colini.
      - La patria?
      - Moliterno, in Basilicata.
      - L'età?
      - Cinquantadue anni.
      - La tua professione?
      - Soldato.
      - Perchè sei stato arrestato?
      - Ve lo dimando, signor commissario.
      Il cancelliere scrisse: "Per contrabbando; sono emissario."
      - Conoscete il marchese di Diano?


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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