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      Poi si aggiudicò la più bella tosa della compagnia e ballò con lei la quadriglia, la tarantella e malann'aggiano i guai! anche la gavotta!
      Il povero colonnello steso sul suo giaciglio, cacciato in un angolo, battendo i denti dalla febbre, si agruzzolava sotto la coperta.
      Le danze non fecero dimenticare il bere: e quante bottiglie!
      Alle otto arrivarono i gelati, i sorbetti; poi le aranciate, i lattati, il cioccolatte ed ogni ben di Dio. Il conte festeggiava la corda che doveva impiccarlo.
      - La unge di gioia, osservò un ex-cocchiere di Corte.
      Poi si cantò. Tutto il repertorio del San Carlo, attagliato ai cantanti, vi sfilò a macca; quindi quelle belle canzoni napoletane, così melodiose, così saltellanti, così tristi, così scintillanti, azzurre come il cielo, stellate come il mare al luccicar dell'aurora!
      E il ballo di nuovo! di nuovo il canto, ma questa volta di canzoni buffe, scollacciate e strambe.
      E poi sorbetti, vini, punch a iosa, ancora e poi ancora di tutto.
      Alle 11 le dame si assisero al buffet. Il conte al centro; gli uomini in piedi, intorno a loro. E avanti sempre! Mezzanotte scoccava, quando il conte propose questo brindisi:
      - Alla rottura della mia corda!
      - Fu accolto clamorosamente. E' fe' segno allora che voleva parlare ed in un batter d'occhio tutti si stettero, la bocca aperta, attenti, sospesi alle sue labbra, come i Cartaginesi alle labbra eroiche d'Enea, quando costui fece inghiottire a quella pettegola di Didone la schernevole gaglioffata del cavallo di Troja.
      Il conte aveva cangiato di aspetto.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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