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      Non conoscevano i nuovi arrivati, nè da parte di Eva nè da quella di Adamo. Non monta: gli uomini si precipitarono sul marchese; le donne sulla marchesa; e gli abbracciamenti scoppiarono fitti come colpi di pistola, profumati da un alito di aglio, di pipa o di vino. Ora, siccome in provincia non si fa la barba che una volta alla settimana, la domenica avanti la messa, dopo gli abbracci il marchese si sentì bruciare il viso come se lo avessero stropicciato con ortiche.
      Si sedette in cerchio. La testa quadra del villaggio incominciò ad interrogare il marchese sulla sua salute, se era ricco, se aveva debiti, se aveva figliuoli, se andava a caccia, quante paia di calze aveva portato seco e quanti bezzi; quanto spendeva al giorno, se qualche volta si ubbriacava, se sapeva truffare al giuoco, se credeva in Dio ed amava il re. A quest'ultima domanda il marchese perdette le staffe. Si alzò e le visite partirono brontolando.
      Poi principiò il supplizio della cena, che cominciò con un'insalata, seguita da cinque differenti minestre. L'intendente presentò al marchese suo figlio - un giovine seminarista, poeta, noioso come il passio di San Matteo, un San Pietro che pescava donne e che violava tutti i comandamenti di Dio, eccetto quello - non ucciderai - per paura della forca.
      Io mi disponevo a lasciare il paese, non volendo rivelare alla polizia l'uffizio ove io faceva discendere lo Spirito Santo per fornir di vescovi Sua Maestà, quando i nuovi arrivati si gettarono a traverso i miei progetti.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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