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      Mandò il suo terziario a preparargli la cella.
      Due ore dopo, ei partì pure. Il marchese, che la notte innanzi si era imbragato in non so quale orgia contadinesca, russava a gonfie vele. Cecilia si alzò ed ordinò di allestire il suo cavallo, per andare a passeggiare, ciò ch'ella, con grande scandalo delle signore del paese, faceva di sovente.
      Io mi era recato alla caccia dal lato del Faggeto. Dopo aver camminato tutta la mattina, mi riposava sotto un faggio, quando, dietro una ridotta di spine nere, mi sembrò udire un pigolìo di voci e di baci. Non sapendo cosa fosse mi sguizzai carponi sotto il roveto, ventre a terra, come serpe, e mi avvicinai senza esser visto.
      Dapprima non distinsi che due bei giovani fratocci nelle loro bianche cocolle. Poi sotto una di quelle tonache riconobbi il priore, sotto l'altra Cecilia. Ce ne voleva di più? Sant'Antonio, egli stesso, avrebbe soccombuto e fatto ciò che io feci. Mi slanciai d'un salto e carpii il priore alla nuca. Gli nascosi il mio coltello nella strozza, lo gettai lontano come un masso di cenci e caddi ai piedi della dama. Ella non vide la mia attitudine galante, imperciocchè era svenuta; ma io le spippolai in seguito, minuto per minuto, la delicatezza della mia condotta. Quando riprese i sensi, il cattivo umore la dominava. Gridò, pianse, si mise in collera. Poi prese un tono altero e m'ingiunse di ricondurla a casa, mi minacciò, m'insultò. Pasqua santa! che arrabbiata di donna pudica! Ella non neglesse nulla per persuadermi che io sarei un mal creanzato se non la lasciassi andar via.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





Faggeto Cecilia Antonio