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      Mi si allogò allora una pensione a vita molto convenevole e mi nominarono dittatore per le circostanze supreme della società, lasciandomi quieto in tempi ordinari. Accettai.
      Primo passo verso la sventura.
      - Ma, a proposito, osservò il curioso carceriere in capo, avevate, dunque, dimenticato, in tutto questo tempo, il degno vostro avvocato?
      - V'ingannate. Avevo già aperto un negoziato coi nostri corrispondenti di Sicilia, onde pagargli là giù, i suoi onorari. Vi si preparavano, quando quel galantuomo, avendo avuto non so quale questione col suo presidente, questi ne aveva scritto al ministro della giustizia. Il ministro aveva rimproverato il mio uomo e questi, data la dimissione, era rivenuto a patrocinare a Napoli. E fu appunto questa nuova che mi determinò principalmente a ritornare in questa città. Ma avvenimenti di natura diversa mi trascinarono nella corrente che mi ha travolto qui.
      Un mattino, una deputazione della società venne a consultarmi sopra un grave affare.
      Il governo, dietro rimostranze diplomatiche causate dalla scomparsa di alcuni viaggiatori e banchieri inglesi e francesi colle loro fortune, aveva nominato una giunta di pubblica sicurezza. Si veniva a consultarmi sul modo di condursi in presenza di questo pericolo che ci minacciava direttamente. Io proposi di comperare la giunta, e per indennizzarsi della spesa aumentare gli affari. Il mio consiglio fu gradito. Fui pregato d'incaricarmi di questa difficile e delicata negoziazione. Io esitai a bella prima, poi accettai ed annodai i preliminari.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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