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      Don Terenzio aveva accettato la difesa del colonnello perchè era in rottura colla Corte e teneva il broncio ai Borboni. Dopo la morte di questo avvocato l'ambasciatore non era riuscito ad impegnarne un altro che con molteplici restrizioni. La polizia terrorizzava la gente del fôro. Il colonnello, istrutto di codesto, aveva rifiutato l'aiuto di un così poco libero difensore e dichiarato che si sarebbe difeso da sè. Questa decisione aveva allarmato il presidente, il tribunale e la Corte.
      Infatti, che partito per imbavagliare un accusato che perora per conto suo e racconta dei fatti storici con dignità e convenienza? Ed erano appunto questi fatti storici che la Corte temeva. Il presidente poteva egli intralciare la difesa, ritirare la parola ad un uomo, pel quale nove decimi della città s'interessavano, dinanzi al corpo diplomatico e il meglio della società napoletana, in mezzo all'ansietà generale e sotto il pungolo della curiosità e sotto gli sguardi d'un pubblico esaltato, quando questo accusato si presenterebbe vestito dell'uniforme di sergente del generale Mack, ma tenendo alla mano la spada che egli aveva portato in tante battaglie, la decorazione che aveva ricevuto dalle mani dell'imperatore, il brevetto di colonnello ed il diploma di barone dell'impero?
      Poteva egli, quel presidente, impedirgli di raccontare le sue geste, la storia dell'imperatore e quindi di fanatizzare l'assemblea, quando egli crederebbe di provare - a torto o a ragione - ch'egli aveva diritto alla protezione della Francia, offesa nella persona sua?


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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