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      E' non era di quella pasta d'uomini cui Orazio qualifica di fruges consumere nati - buoni tutto al più ad ingollare la loro polenta - come un deputato ministeriale. La sua esistenza, zeppa, poco ordinaria, era scorsa a cielo aperto, a cielo offuscato, nei chiarori del mezzodì sovente, più sovente ancora nei ciechi abissi della notte.
     
      Tornato a Nicastro, e' fece chiamare l'albergatore e gli disse:
      - Io sarei curioso di contemplar da vicino e parlare al capo degli zingari, che ò visto stamane nella piazza della fiera. Potreste indurlo a venir qui?
      - Nulla di più facile, eccellenza, se tuttavia non se l'è svignata dal paese.
      - No: l'ò visto or ora: vi è ancora.
      - In questo caso, eccellenza, vado a servirvelo in un quarto d'ora.
      - Io non chiedo che il capo solo.
      - Vostra eccellenza non vedrà che lui.
      Infatti, poco stante, lo zio Tob arrivò.
      Non mai Callot, o Moya, o Pinelli, non fantasticò di un cialtrone più compiuto di questo zio Tob. Giammai fiero Castigliano non portò cenci con più fierezza e nobiltà che codestui - vantandosi del resto di discendere dai re di Polonia, benchè nato nello Yorkshire.
      La sua toilette era il più strano abuso del pleonasma - eppure sembrava nudo! Aveva una camicia a merletto sur una camicia da notte, sovrapposta essa stessa ad una camiciuola di rosso fustagno. Sulla camicia à jabot s'incrociava un panciotto di piqué bianco, alla Robespierre, sotto, un panciotto di velluto, preceduto da un terzo panciotto di raso nero, che mostrava i suoi lembi consunti in fra i due.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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