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      Poi, su codesto, un pastranello che si sarebbe detto una vareuse rossa, un attila ungherese, ed un mantello alla spagnuola. Il suo capo era coperto da un feutre grigio a larghe falde, il quale dava libero passo, dai suoi molti buchi, alle ciocche di un'irsuta capigliatura che aspiravano a sventolare a grado dell'aure. Il feltro era sormontato da un'altra piuma di coda di galli, azzeccata da uno scheggiale brillante di acciaio, ed abbellito da una fettuccia di velluto. Poi ancora, dei calzoni azzurri larghissimi, cacciati a mezzatibia, in un paio di stivali alla scudiera, sui quali ballonzavano delle uose mal bottonate.
      I capelli neri del babbo Tob si attorcigliavano sulle sue spalle come colubri. I suoi lineamenti, regolarissimi, rilevati da un naso aquilino delicato e da un paio di magnifici occhi neri, restavano ancora imponenti, malgrado l'estrema loro magrezza ed il loro colorito di oliva.
      Tob era alto, nervoso, spigliato. Però tutto codesto indovinavasi anzi che vedersi, non essendo facile a discernerlo.
      Lo zio Tob era un composto di toppe di rapporto. Ogni parte del suo corpo serviva a completare l'armonia ed a compensar la dissonanza della parte vicina. Ogni arnese aggiunto al suo vestito, serviva a dissimulare la soluzione di continuità dell'arnese sottoposto, di guisa che, ravvicinati l'uno all'altro, essi formavano appena un involucro più screziato che caldo.
      La regolarità delle sue forme serviva appena altresì a temperare la ripulsione, che senza ciò avrebbero desta la sua magrezza e la sua itterizia.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





Tob Tob