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      Infine, e' prese servigio, come medico, negli eserciti dell'Impero e seguì la stella di Napoleone, a traverso l'Europa.
      Le meditazioni scientifiche non avevano che di poco repressa la sua immaginazione, dalle lunghe e vaghe penne. Ecco perchè, i drammi commoventi, le vicessitudini, l'inaspettato dei campi di battaglia, lo affascinarono al punto, che, potendo per il suo sapere percorrere la carriera civile e pur quella dell'insegnamento, e' preferì l'agitazione, il subitaneo, il periglioso della vita militare.
      E' dilettavasi sorprendere, colle sue osservazioni sempre un cotal poco sarcastiche, la natura presa alla sprovvista, in tutta la brutalità delle fasi differenti delle battaglie. Egli piacevasi a smussare i suoi sentimenti, la sua sensibilità istintiva, ad atrofizzare la sua anima. Egli erasi persuaso, che bisognava fare una grossa parte al cervello, a spese del cuore, se voleva riescire - in un'epoca in cui la forza fisica governava l'Europa e serviva di regola alle coscienze. Egli pesava i corollari inevitabili del sistema napoleonico: il culto dell'interesse; l'anatema dello spirito; l'annientamento completo di quantunque aveva rapporto con l'ordine morale dell'umanità... E non ne ripugnava.
      Infatti, da quel punto, l'uomo non fu più per il dottor di Nubo altra cosa che un subietto a studio, un obietto a traffico. E' non stimollo più; non amollò più; non lo credè più. Lo commerciò, l'exploita. Divenne quindi scettico. Non trovò più nulla di attivo nè nella sua scienza, nè nella sua coscienza: non più fede di sorta, neppur quella del calcolo - il quale, in realtà, è pur esso una specie di fede ragionata.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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